Non si perde mai, o si vince, o si impara

Oggi ho ricevuto una newsletter americana, di un’autrice che mi piace molto, con un elogio al fallimento e all’importanza di perseverare.
Gli elogi al fallimento mi lasciano perplessa, forse perché arrivo dalla cultura italiana, in cui il fallimento viene visto con terrore e giuridicamente è una procedura complessa che da poche possibilità di ricostruirsi professionalmente.
Sono convinta che chi mira alla grandezza debba mettere in conto anche le possibili sconfitte, perché cercare di evitare di sbagliare è la via sicura verso la mediocrità. Però parlo di errori, sbagli, intoppi che si possono superare, e non di fallimenti, stravolgimenti che distruggono la vita, perché sono cose profondamente diverse, mentre in parecchi testi americani vengono messi sullo stesso piano.
Però posso adattare quello che l’autrice dice sui fallimenti adattandolo agli sbagli, su cui ci hanno terrorizzato così tanto quando andavamo a scuola. Perché il problema non è sbagliare. È quello che lasciamo che significhi. Quello che ci diciamo: sono inadeguato, stupido, un perdente. Rendendoci riluttanti a riprovarci, impedendoci di raggiungere il nostro pieno potenziale.
Invece puoi usare ogni errore come un’opportunità per imparare, puoi valutare cosa è andato storto e applicare la lezione agli sforzi futuri.
Nella mia attività di trader sono migliorata tantissimo imparando dagli stop loss, dalle giornate di calo dei mercati in cui la sfida di gestire la tensione è altissima, dalle volte in cui ho preso un take profit troppo presto.
Il diario, e la possibilità di dare un feedback a me stessa, è uno strumento straordinario per crescere, per migliorare.
Nello stesso testo, l’autrice enfatizzava l’importanza di perseverare. Personalmente sono contraria alla perseveranza indiscriminata, e scrivere le mie riflessioni mi aiuta moltissimo a decidere quando perseverare e quando mollare.

Photo by Dmitriy Ganin on Pexels.com


Come spiega Seth Godin in “Il vicolo cieco. Il piccolo libro che vi insegna a comprendere se insistere o rinunciare” bisogna capire se siamo nel “fossato”, una crisi temporanea che si supera con uno sforzo in più oppure se siamo in un vicolo cieco, una situazione che non potrà migliorare neanche con il massimo impegno.
Perché, come dice l’autore nel libro, non possiamo cercare di fare tutto, a maggior ragione se vogliamo essere i migliori del mondo: il mercato premia l’eccezionalità e per raggiungerla dobbiamo focalizzarci sul 20% che porta all’ 80% dei risultati.
Il “mollare strategico”, più propriamente detto “abbandono strategico”, è il segreto delle organizzazioni di successo.
Dire basta ai progetti che non conducono a nulla è indispensabile per portare avanti quelli che davvero contano.
però spesso quando abbandoniamo un progetto, una relazione, un percorso di carriera ci sentiamo in colpa perché ci hanno enfatizzato l’importanza di perseverare.
Abbandonare i vicoli ciechi lascia spazio alle cose davvero importanti. A volte fa paura o in alcuni momenti ci fa sentire soli: ho abbandonato un percorso di formazione che stavo seguendo ma che era diventato ripetitivo a febbraio 2020. Riempiva molto la mia vita e nel momento in cui mi sono trovata chiusa in casa per l’epidemia di Covid-19 mi è mancato, mi sentivo sola. Però, proprio perché mi sono sentita sola, mi sono impegnata a far crescere nuove relazioni che adesso arricchiscono la mia vita.
Imparare dagli sbagli e distinguere i vicoli ciechi dai fossati, migliorerà la qualità della tua vita.
Un abbraccio

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